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Il mio approccio integrato

“Smettere di combattere con se stessi,

riuscire a perdonarsi ciò che causa dolore,

non scegliere fra bene e male,

non discriminare fra brutto e bello,

ma cercare di comprendere passato e presente,

in questo consiste il difficile processo dell’accettare sé stessi.”

Bruno Bara

Un colloquio clinico, per me, significa incontrare la persona nella sua interezza.

Non ridurre la sofferenza a un’etichetta o a un sintomo, ma accoglierla come parte di una storia più ampia, fatta di emozioni, pensieri, memorie e desideri che meritano di essere riconosciuti.

 

Il benessere non è soltanto “stare bene”: è ritrovare un senso di continuità con sé stessi, sentirsi presenti nella propria vita, liberi di scegliere e capaci di stare in relazione senza paura di perdersi o di doversi difendere.

È un processo che coinvolge corpo e mente, parola e silenzio, immaginazione e consapevolezza: diverse dimensioni che, quando dialogano tra loro, aprono la strada alla trasformazione.

 

Parlare di integrazione, per me, non significa unire tecniche differenti, ma guardare l’essere umano come un tutto vivo e complesso.

Ogni gesto, ogni respiro, ogni emozione porta in sé una verità che può essere ascoltata e trasformata.

Nella terapia non seguo percorsi prestabiliti: è la relazione a guidare, con ciò che emerge nel presente e chiede di essere accolto.

Il mio compito è custodire uno spazio sicuro, accogliente e non giudicante, dove la persona possa riconoscere ciò che la fa soffrire senza identificarsi con esso.

Un luogo dove sia possibile coltivare nuove prospettive, lasciar andare vecchi schemi e imparare a rivolgersi a sé stessi con quella gentilezza coraggiosa che apre la strada al cambiamento.

L'idea di percorso che mi appartiene è questa: un cammino fatto di ascolto e presenza, di consapevolezza e compassione, in cui corpo, arte e mente non sono parti separate, ma voci di un’unica esperienza che cerca autenticità e integrazione.

La mia idea di terapia

Credo in una terapia che parte dall’esperienza, non da un protocollo.

Un lavoro concreto, radicato nel corpo, nella relazione e nei linguaggi espressivi che ciascuno porta con sé.

Ogni percorso è unico: può includere la parola, ma anche il silenzio; l’immaginazione, il movimento, il respiro o la voce.

Non è lo strumento a fare la differenza, ma la sua coerenza con ciò che emerge, nel momento presente.

La terapia, per me, è un processo condiviso: incarnato, flessibile, aperto all’imprevisto.

È un’occasione per ascoltarsi in profondità, riconoscere i propri schemi di sofferenza e trasformarli in nuove possibilità di scelta.

Fare terapia significa creare uno spazio in cui la persona possa sentirsi vista e accolta, imparare a riconoscere le proprie risorse e dare loro voce.

Un processo che mette al centro la relazione, la consapevolezza e la capacità di abitare con autenticità il proprio sentire.

Manifesto professionale

Questi sono i principi che orientano ogni incontro:

  1. Il corpo è il primo luogo di verità

    Le emozioni abitano prima nel corpo. Il sentire profondo inizia da lì.

  2. La voce ha un valore terapeutico, anche quando trema

    È ponte tra dentro e fuori. Ritrovare la propria voce è già cambiamento.

  3. L’arte mette in contatto, non solo rilassa

    Apre accesso a memorie, emozioni e possibilità che le parole non raggiungono.

  4. Ognuno porta dentro di sé una saggezza silenziosa

    Il mio ruolo è offrire lo spazio perché possa emergere.

  5. La relazione è la base di ogni cambiamento autentico

    È nella qualità dell’incontro che avviene la trasformazione.

  6. Ogni percorso è unico

    Nessuna tecnica standard può sostituire la specificità di una persona.

  7. Il cambiamento richiede tempo

    Il tempo della cura è lento, profondo, rispettoso.

  8. La compassione è centrale nella crescita personale

    Accogliere anche le parti difficili è una chiave di guarigione.

  9. Il silenzio è uno spazio terapeutico a pieno titolo

    Ascolto e presenza spesso dicono più delle parole.

  10. Arte, terapia e vita si intrecciano

    La trasformazione non resta nella stanza: si riflette nel quotidiano.

APPROFONDIMENTI

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